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"È il volume monstre! È l'opera capitale nell'opera." Così, in una lettera del 1843, Balzac annunciava a madame Hanska la scrittura di "Illusioni perdute": un'ampia narrazione che si colloca tra "Scene della vita di provincia" e "Scene della vita parigina" e che insieme a "Splendori e miserie delle cortigiane" compone un dittico imperniato sulla figura di Lucien de Rubempré. Opera esteticamente innovativa e alimentata dalle esperienze centrali nell'esistenza di Balzac (i diversi mestieri del libro e della scrittura, dal tipografo al giornalista), "Illusioni perdute" narra infatti la vicenda di questo giovane di provincia bello, povero e ambizioso, parente stretto del Rastignac di Papà Goriot, che sogna la gloria poetica e il successo mondano e si trasferisce a Parigi sperando di procurarsi entrambi. Nella capitale finirà per perdere la propria integrità morale e, infine, ogni fortuna. Meno determinato e vitale di Rastignac, Rubempré rimane uno dei personaggi più scolpiti di Balzac, tanto che un lettore esigente come Oscar Wilde ebbe a scrivere: "Chi avrà mai voglia di uscire per andare a una serata mondana e incontrarci il suo amico d'infanzia Tomkins, quando può starsene a casa in compagnia di Lucien de Rubempré?". Con uno scritto di Alessandro Piperno.